sabato 28 agosto 2010

Kulz: Studio Culturale dell'America a Beneficio della Gloriosa Nazione dell'Italia - Comunicato #3: "School in USA"




Wawawiwa!

Come promesso, ecco qualche spunto di riflessione sul sistema scolastico americano.
Credo che molti di noi si saranno posti spesso la domanda: com'è che in USA l'università funziona e in Italia no?
D'altronde siamo la culla storica dell'istruzione accademica, siamo stati (chissà se siamo ancora) il paese della cultura per antonomasia.. Eppure un paese che ha 400/500 anni di storia ci ha surclassati con un metodo vincente.
Ora, detto questo voglio far presente che il sistema universitario USA sì funziona, nel senso che è all'avanguardia e offre grandi possibilità, istituti tra i migliori del pianeta, ma in realtà è, come si direbbe da queste parti "far from perfect".
Per spiegarmi meglio, cercherò prima di chiarire come funziona qui, sfatando alcuni miti.
In america esistono università di tre livelli, indicativamente.
Basso (i community college)
Medio
Alto (in California Stanford, Berkeley, il MIT...)
La differenza tra le varie scuole sta in una diretta proporzione tra servizi e costi. Ebbene sì, costi, davvero ingenti.
Qua si fa così, la famiglia comincia a risparmiare per il college da quando il figlio nasce. Si indebita per questo scopo. L'americano medio investe sul suo futuro. Crede in sé stesso.
Volete delle cifre? Iscrizione a Stanford (privata), cioè la famigerata tuition: 50000 dollari l'anno. L'anno.
Iscrizione a Berkeley (pubblica): 20000 circa $/anno.
Questo ovviamente riguardo alle università di altissimo livello, quelle che ti fanno mettere il futuro in tasca ma che richiedono un impegno certo proporzionale al costo. Credetemi non è un impegno da poco: il lavoro è davvero tanto e non tutti riescono. C'è chi sbrocca. E non per scherzo, a Berkeley hanno dovuto cintare la cima della torre, perché c'era uno che si buttava giù ogni settimana.
Se sei uno che si vuole sbattere all'università, se ti va bene hai un collasso o due, di lieve entità, normale, diciamo un esagerazione di accumulo di stress, ma nulla più. Se invece la pressione su di te supera certi limiti... beh, bisogna stare all'erta, soprattutto verso sé stessi.
Le università di livello inferiore sono comunque molto costose. Rasentano le cifre che in Italia si pagano per alcune scuole private.
Le università di basso livello sono più a buon mercato, ce la si cava "con poco", in fondo il paese vuole che tutti abbiamo la possibilità di laurearsi, ma di certo bisogna fare due conti con le proprie ambizioni.
Detto questo, la domanda che sorge spontanea è: "dove li trovo i soldi"?
Specialmente se ad averne bisogno è qualcuno di non americano. In ogni caso, anche le università di più basso livello sono comunque, per i nostri standard, costose.
Di fronte si hanno alcune possibilità:
1) il papi che paga
2) prestito (bancario ad esempio)
3) l'università che paga per te
Le possibilità 1 e 2 si spiegano da sole. La terza è più interessante. Dopo l'application (che si fa nell'inverno dell'ultimo anno della high school), le università che riconoscono le qualità di qualcuno che non può permettersi la tuition, gli pagano la retta. Ovviamente, i posti sono molto pochi, qui si parla di vere e proprie eccellenze, ma stupisce che è proprio l'università che cura il suo vivaio. Quasi come una squadra di calcio che punta tutto su quel calciatore povero che viene dalla favelas ma ha la stoffa del campione.
Come fa l'università a pagare per te?
La verità è che le università (parlo sempre di quelle importanti) il grosso dei soldi lo ricevono da due importanti "finanziatori", più o meno metà e metà:
  • 1) alumni
  • 2) imprese
La rete accademia/impresa è così stretta che, chi ha studiato, per ipotesi, a Stanford e ora è miliardario, non si fa problemi a elargire quantità enormi di denaro all'università che l'ha fatto diventare grande, per un certo senso di riconoscenza tradizionale (ma neanche troppo).
Mentre le imprese stesse sono ben felici di pagare l'università che gli prepara un vivaio di eccellenze che presto potrà assumere con conseguenti vantaggi economici che superano di gran lunga i costi. Senza contare i guadagni incredibili in termini di immagine. Proprio come un buon "sponsor" fa con, ad esempio, una squadra di calcio.
Facile è quindi rendersi conto delle luci e ombre su un sistema che comunque funziona, perché genera tra le migliori menti del pianeta, e le fa crescere per garantirgli un futuro di successo, offrendo gli ambienti accademici migliori in assoluto, vere e proprie fornaci di ricchezza.
Eppure ci sono lati negativi.
Stress, scarsa attenzione alla teoria e ad approcci "umani" alle scienze, sette, e via dicendo...
Mi ha colpito, ad esempio, la torre di Stanford, luogo dove alcune delle menti migliori dell'università vengono "selezionate" per fare grandi carriere, spesso nell'amministrazione pubblica. La torre è un edificio cupo, altissimo che troneggia su tutto il campus. Perdonate il mio riferimento un nerd, ma mi ricorda moltissimo l'occhio di Sauron, temibile e austero nel suo vegliare.
Quasi nessuna finestra, pare la torre di una qualche strana confraternita. Ecco, questo per me è un lato abbastanza negativo.
Sono per una cultura "wide", per l'apertura, per le possibilità e il merito senza distinzioni settarie. Per quanto ci sia molta meritocrazia qui in USA, una cosa così a mio avviso non può che essere controproducente e inquietante.
Maggiore apertura l'ho trovata a Berkeley, tra le migliori università statali. Clima più aperto, campus dove può entare chiunque, passione e unione. Userei un aggettivo apparentemente inappropriato per definirlo ma a mio avviso efficace per descrivere quel luogo: "solare".
Altro punto un po' "strano" è come funziona la high school. Avete presente i vari film "American Pie", "Porky's" e via dicendo?
Ecco, che lo si voglia credere oppure no, la high school americana è esattamente così. Non si fa un bel niente, o quasi. O meglio, si fa molto meno che in Europa.
Tra la preparazione data da un liceo italiano e uno USA c'è un abisso. E non sto usando un eufemismo, un liceale americano dopo i 5 anni, comparato a un italiano sa veramente molte meno cose.
Eppure, il sistema funziona in modo più snello e vincente. A gennaio/febbraio dell'ultimo anno di liceo, si può mandare le application alle varie università. Test diversi da quelli che abbiamo in Italia per le cosiddette "facoltà a numero chiuso". Molto più legati a cultura generale, logica, e alcune nozioni relativamente di base di matematica, fisica, inglese, vari subjects che si trovano in un qualsiasi liceo.
Tutte cose "relativamente" semplici.
Come fa a funzionare un sistema così? Non sembra paradossale?
Forse, ma pensiamoci un attimo. Quante cose studiate in un qualsiasi liceo ci servono davvero nel percorso universitario che stiamo facendo? Indipendentemente dalla scelta, io non andrei oltre un 30/40%. Liberissimi di contraddirmi, però io stimerei così.
Ecco, in USA si studia solo quel 30/40% lì, e tutto quello che fondamentalmente non serve a niente, almeno non a un ragazzo di 17 anni, non viene nemmeno preso in considerazione: a quello ci penserà l'università.
A cosa serve infarcirsi di migliaia di pagine di letteratura a quello che sarà un matematico? A cosa servono milioni di calcoli di integrali a quello che sarà un avvocato? Che senso ha perdersi in secoli di storia continuando a ripetere le stesse nozioni in 3 diversi grades per poi perdere di vista storia recente e comparata?
Potrei andare avanti con gli esempi ma penso che il messaggio sia chiaro. La scuola americana mira a formare persone capaci in pratica.
Gente che sappia "get the things done", "fare le cose", senza tanti fronzoli. L'America è la terra del capitalismo, contano i risultati.
Quanto funziona un sistema così?
Inutile girarci intorno: tanto.
Ora, io sono nato e cresciuto nel glorioso paese dell'Italia, siamo, nonostante tutto, storicamente la culla della cultura e del pensiero umano. Impossibile essere italiano enon pensare. Sarà un punto di debolezza in tantissime cose, ma ha i suoi lati positivi. Il pragmatismo del colono americano è molto distante dal nostro modo di vedere la cultura, eppure funziona meglio.
Come fare a bilanciare le due cose?
Ebbene, il mondo scolastico USA ha molto da insegnare a quello italiano, ma come ogni importazione, sarebbe meglio che non snaturi i nostri punti di forza, siamo pur sempre europei e gli americani fanno tutto in grande, esagerano e ciò non è positivo.
Dopo questo lungo discorso cercherò di essere breve nel presentare le proposte.
In Italia il mondo accademico ha due enormi difetti: scarsità di finanziamenti e di contatto con le imprese. Difficile mutare la condizione, specie con il mondo dell'impresa che abbiamo. Ma ciò non vuol dire che non è possibile.
Lo stesso Berlusconi sembra che voglia provarci ma a mio avviso sbaglia di netto per mancanza di coerenza col sistema. Cerca a lungo termine un'inversione di tendenza portando gli atenei a diventare quasi fondazioni (sicuramente si sta rifacendo al modello che ho descritto prima di finanziamento dagli alumni e imprese delle università USA), ma non si rende conto che culturalmente per noi sarebbe un "trauma" non così semplice da assimilare. L'intenzione è buona, è il metodo che mi convince poco. L'unico effetto di questo tipo di "riforma" (chiamiamola così) sarebbe tasse più alte a fronte di servizi in crescita troppo lenta. Non porterebbe a nulla nel lungo periodo.
A mio avviso sarebbe sufficiente cercare di imporre a banche, e certe grandi imprese, oppure enti tipo confindustria e via dicendo di spostare ingenti capitali in investimento agli atenei migliori, esattamente come fa lo stato quando deve vendere i propri bond alle banche, con qualche "truscio" all'italiana. Scopo del gioco? Prima imporre facendo un po' di "lobbismo pubblico", per poi pian piano creare cultura del finanziamento. Programmi pubblici di finanziamento agli atenei, coi soldi degli altri, bell'affare no? 90 su 100 di questi enti che ho citato dichiara che è necessario avere un sistema scolastico con più soldi, ebbene caccino i soldi più di quanto magari già fanno. Li hanno, per quanto cerchino di nasconderli. Uno stato può essere d'aiuto, ma il futuro è di tutti e soprattutto delle imprese, banche ed enti (perché è li che i giovaniandranno a lavorare) ed esse devono tornare ad avere un ruolo fondamentale nello sviluppare i propri vivai.
Inoltre sarebbe da aumentare il contatto con le imprese nello stesso modo. La rete di ricerca delle imprese deve toccare direttamente le università. Questa cosa è nel loro stesso interesse e sono i manager incompetenti che non se ne rendono conto ancora prima dello stato, che deve invece fare i conti col deficit. Il ruolo dell'amministrazione pubblica sarebbe a mio avviso di forzare un po' il tiro su questo punto parlando con grandi manager (come già fa), e continuare a creare cultura del finanziamento.
Dite a Montezemolo di cacciare qualche milione di euro che so, all'Università di Trento (statale, tra le migliori italiane secondo le classifiche), provate a immaginare cosa ci potrebbero fare. Sarebbe già un gran bel guadagno. Non così grande come Stanford, per carità, ma un ottimo inizio.
Provate a immaginare, chiudete gli occhi un secondo e proiettate gli effetti di una politica così di un anno avanti, poi di 3, di 5, di 10... di 20.
In questi giorni ho imparato a pensare esponenziale. Immaginate una curva che sale, sale, ogni punto successivo del doppio. Vi assicuro, una crescita così è possibile e c'è chi potrebbe aiutare a finanziarla.
Lo stato inoltre potrebbe essere d'aiuto ottenendo soldi e cultura praticando anche unosnellimento della scuola superiore su modello USA, mantenendo cultura europea. Come? Tagliando brutalmente le materie inutili. Volete sapere quali sono le più inutili a mio avviso, seguendo la mia esperienza personale di liceo scientifico? Latino, matematica di livello medio alto, fisica moderna (su approccio quantitativo), certi approfondimenti di letteratura, storia antica (e altro che ora non mi viene in mente). Sono brutale e provocatorio, ma anche qui, pensate esponenziale. La high school deve creare stimolo alla cultura, non "scazzo" (passatemi il termine). Studiare ingenti quantità di cose inutili fa passare la voglia di continuare a metà studenti. Invece ricevere un "assaggio" (comunque tutt'altro che insignificante, anzi) di cultura stimolaad approfondire. Date una torta intera a un bambino e fategliela mangiare tutta, non ne vorrà più per settimane. Dategli una fettina e subito dopo ne vorrà un'altra, ne mangerebbe una fetta tutti i giorni. Si può e si dovrebbe approfondire anche durante il liceo tramite gruppi extracurricolari (come succedi qui in USA), e poi avere la possibilità di seguire un lungo ed entusiasmante percorso accademico. Percorso che dia valore anche al PhD, il dottorato, che in Italia ha un ruolo purtroppo secondario.
Bisognerebbe studiare (alla luce del trend di immigrazione, globalizzazione e multiculturalità dell'Europa futura che i governi sono inspiegabilmente restii ad accettare e comprendere) maggiormente materie come diritto, economia, educazione civica, etica sociale e via dicendo, creando un percorso che formicittadini consapevoli che sappiano vivere in società anche dopo il liceo, qualora non volessero proseguire gli studi.
Avremmo un popolo più sveglio, capace di andare a votare e sapere cosa fa, più pratico eppure comunque attento, etico e colto. Le università tornerebbero ad avere il ruolo importante che avevano (invece di essere dispenser di pezzi di carta di sempre minor valore) e creerebbero maggiore valore educativo.
Non sarebbe un processo nemmeno troppo lungo da assimilare, basterebbe una riforma sola, organica e soprattutto una grande dimostrazione di volontà di cambiamento da parte di tutti.
Soprattutto di noi studenti.
Io mi ritengo fortunatissimo per la possibilità di stare qui in USA per questo periodo, ma consiglio a chiunque abbia la mia medesima possibilità di farsi un periodo qui, anche solo di vacanza (pur "ragionata"), in modo da comprendere come funziona qui e perché, per tornare in Italia e creare un popolo giovane di volenterosi del cambiamento. Sbatterci tutti per far capire che vogliamo una scuola migliore.

Dobbiamo gridarlo a gran voce:


yes, we can!



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